venerdì 16 marzo 2012

Skolelinux esce con Squeeze


E' proprio di questi giorni il rilascio di Debian Edu Squeeze 6.0.4+r0 che è meglio conosciuta come Skolelinux per il fatto che è una distribuzione pensata per le scuole e rappresenta anche una soluzione per chi non ha competenze informatiche, ed intenda realizzare una rete perfettamente funzionante, con software sempre aggiornato, pur avendo a disposizione hardware datato.
Ma Skolelinux non è solo questo: fondata in Norvegia nel 2001 e fusasi con Debian Edu nel 2003, Skolelinux è diventata un sottoinsieme di Debian e si è diffusa particolarmente in Norvegia, Spagna, Germania e Francia.
Comprende, come si legge nel comunicato che ne annuncia il rilascio, "l'installazione per configurare server, computer client e workstation, che possono funzionare anche al di fuori della rete scolastica; supporto PXE per l'avvio (boot) di computer client senza disco fisso o per effettuare installazioni via rete. Sono incluse di default nel desktop diverse applicazioni educative come Celestia, Dr. Geo, GCompris,GeoGebra, Kalzium, KGeography e Solfege.
Oltre ad includere tutte le correzioni previste dal quarto aggiornamento di Debian Squeeze, questo nuovo rilascio di Debian Edu introduce alcune interessanti novità, tra cui: la sostituzione di LWAT con GOsa² come interfaccia di amministrazione di LDAP; l'aggiornamento della grafica e un nuovo logo per Debian Edu / Skolelinux; l'opzione per il desktop LXDE, in aggiunta a KDE (default) e a Gnome (LXDE e Gnome sono disponibili solo se si installa da CD); un avvio più veloce dei client LTSP; un riconoscimento migliorato dei supporti rimovibili sui thin client; un nuovo profilo per i portatili; pieno supporto di Samba NT4 per Windows XP/Vista/7; etc."
In un momento di crisi quale stiamo vivendo, dove è importante azzerare i costi, Skolelinux rappresenta la soluzione ottimale per le scuole per poter meglio operare in sicurezza, con ottimi software e senza essere dotati di conoscenze particolari. Purtroppo come spesso accade, invece, tutti i progetti “open” sono un fenomeno di nicchia e questo non ha nulla a che vedere con la qualità dei prodotti ma con un modo di pensare decisamente obosoleto e purtroppo penalizzante per le nuove generazioni.

lunedì 12 marzo 2012

Con Qimo e Tuxpaint nel mondo delle favole


Ci sono tutti gli ingredienti delle favole classiche nelle storie che i bambini della scuola elementare di Bagno di Gavorrano stanno animando con il nostro Claudio Carboncini, che sta ripetendo l'esperienza, insieme alla loro maestra Michela Azzolini.
Sono stata con loro per un pomeriggio per farmi raccontare come stavano realizzando questi progetti e quali software utilizzassero (Openshot, Tuxpaint, Scratch).
E' stato meraviglioso ascoltare quei bambini mentre mi spiegavano come era nata la loro storia, come avessero scelto i personaggi, disegnato, creato le animazioni.
I gruppi sono due, eterogenei perchè le età variano dagli 8 ai 10 anni ma la voglia di fare e la fantasia sono le stesse. Non ho visto competizione tra questi giovani artisti ma gruppi di lavoro degni di un team di professionisti. Non ci sono leader ma solo bimbi più vivaci di altri e Claudio e Michela non sono che moderatori all'interno dei gruppi perchè lasciano tutto lo spazio e le decisioni ai bambini.
Molto professionalmente, prima un gruppo e poi l'altro, mi hanno raccontato che Claudio ha fatto loro vedere delle animazioni di Luzzati e come poi da queste siano nati i personaggi delle loro storie. Mi ha stupito che non vi fossero scene cruente in queste favole ma solo principesse, principi trasfigurati, cattivi redenti. Non credevo che ancora oggi, a quell'età si apprezzasse quel genere di favola e non invece quelle moderne dove non c'è che violenza e terrore.
Li ho visti lavorare con Tuxpaint, disegnare gli sfondi per le storie con competenza e senso della prospettiva, valutare a seconda della parte rappresentata come convenisse sfruttare persino le condizioni atmosferiche per meglio delineare i contesti, lampi e temporale con i cattivi e sole con i buoni. Li ho sentiti leggere la storia che hanno creato con perizia degna di attori consumati e li ho visti disegnare i personaggi che saranno animati.
Il progetto è ancora in fase di realizzazione e quindi aspettiamo che sia terminato per conoscere le storie e i personaggi e vedere passo passo come con poco, pc datati e software opensource, e con tanta fantasia si possano realizzare prodotti di pregio.
Al di là degli strumenti utilizzati ciò che Claudio e Michela stanno facendo è far capire ai bambini che possono sfruttare le loro capacità in maniera costruttiva e non pensare che un computer sia un mezzo che impone gesti ripetititivi ma che invece può essere utilizzato per ampliare le proprie conoscenze pur giocando.

sabato 3 marzo 2012

Una Fedora al lampone con Rasperry Pi


Era il 2006 quando Eben Upton che lavorava presso l'Università di Cambridge notò che si stava verificando un calo a livello di studio e di apprendimento da parte degli studenti di quell’anno accademico verso l’informatica e di come l’approccio verso i computer anche da parte dei bambini stava cambiando.

Così, insieme ai colleghi dell'università, Rob Mullins e Alan Mycroft fece il giro delle scuole per individuare quale fosse la causa di questo cambiamento e capì che l’utenza era soggetta al monopolio di aziende produttrici di hardware e software.Da qui l’idea di realizzare un computer di dimensioni microscopiche, economico e che supportasse software non proprietario. Nacque così la Pi Raspberry Foundation che portò alla realizzazione di un pc che misura 85,60 millimetri x 17mm x 53,98 millimetri ed ha un peso di 45 grammi.

Sono passati quasi sei anni dall’idea iniziale ma il “lampone” ha finalmente visto la luce e non solo, dal momento che tutte le unità realizzate (10000) sono andate esaurite in pochissimo tempo.

Del Rasperry esistono addirittura due modelli:

il modello B dal costo di 35 dollari e che al momento è l’unico commercializzato e il modello A che ha un costo di 25 dollari e che non è ancora stato prodotto.

Il piccolissimo pc , nel modello B, è composto da una scheda madre che integra un processore ARM11 a 700 MHz (Broadcom BCM2835), 256 MB di SDRAM, uscite video RCA e HDMI, porta Ethernet, jack audio da 3,5 millimetri e due porte USB. Non è presente alcun disco fisso ma uno slot per memorycard sulla quale installare Fedora (come consigliato dalla Foundation) o anche Debian, Ubuntu e ArchLinux.

A differenza del modello B, il modello A non avrà la porta ethernet e sarà dotato soltanto di una porta USB attraverso la quale si avrà la connessione di rete.

Entrambi i modelli non sono forniti di alimentatore e schede Sd che dovranno essere acquistati a parte. La connessione Wi-Fi sarà possibile attraverso la porta USB.

Dopo il fallimento o quasi del progetto OLPC, è entusiasmante vedere questo computer grande quando una carta di credito e pensare che potrebbe sostituire i nostri desktop o quanto altro siamo abituati ad utilizzare.

Ovviamente la strada da percorrere è ancora lunga, le richieste sono state maggiori delle aspettative e la foundation non ha potuto farvi fronte, non si sa ancora quando e come verranno prodotte altre unità, ma quello che è a oggi un sassolino ha tutte le carte in regola, se ben gestito, per diventare una valanga.